Numero 4 di Lettere di Ortobiologia
ATELOCOLLAGENE DI TIPO I PER RIPARAZIONI TISSUTALI
L’ATELOCOLLAGENE
Il collagene è la proteina più abbondante nei mammiferi e nell’uomo costituisce circa il 6% del peso corporeo. È la principale proteina del tessuto connettivo ed è estremamente importante per il mantenimento della morfologia tissutale. L’unità strutturale del collagene è il tropocollagene, una proteina formata da tre catene polipeptidiche che si associano a formare una tripla elica. La sintesi del collagene è operata da differenti linee cellulari a seconda del tessuto in cui viene sintetizzato: fibroblasti nel tessuto connettivo, osteoblasti nel tessuto osseo e condroblasti nel tessuto cartilagineo. Sono stati identificati oltre 20 tipologie di collagene ma i principali sono tre: tipo I, tipo II e tipo III. Il tipo I in particolare costituisce circa il 90% del collagene osseo totale ed è quindi il più utilizzato per le riparazioni tissutali.
Il collagene, pur essendo sostanzialmente simile per composizione e struttura in tutti i mammiferi, presenta delle porzioni terminali chiamate telopeptidi caratteristiche per ogni specie. La rimozione dei telopeptidi, mediante vari processi chiamati di deantigenazione, rende il collagene eterologo biocompatibile. L’atelocollagene, infatti, è collagene di tipo I altamente purificato e deantigenato reso completamente non-immunogenico mediante trattamento con pepsina e rimozione dei telopeptidi (Lee et al. 2019; Shetty et al. 2013). La deantigenazione effettuata è in grado di mantiene inalterate le caratteristiche e la struttura del collagene di tipo I, rendendo l’atelocollagene uno scaffold ideale per la rigenerazione tissutale. L’atelocollagene, infatti, ha capacità adesive nei confronti delle cellule del paziente, che abitando l’innesto lo rimodellano, al contrario di uno scaffold sintetico che viene solamente degradato per idrolisi (Irawan et al. 2018).
INDICAZIONI D’USO
Lo scopo dell’introduzione in loco di questo biomateriale è fornire, in un unico step, mediante una tecnica mininvasiva -infiltrazione o artroscopia- uno scaffold collagenico in grado di interagire con la componente cellulare del paziente, in modo tale che fornisca sia un sostegno meccanico alla parte lesionata sia una guida alla rigenerazione del tessuto (Shetty et al. 2014; Kim, Shetty et al. 2020). Grazie alle sue caratteristiche non immunogeniche l’atelocollagene viene utilizzato per la guarigione di ferite e piaghe, come agente emostatico, come sostituto osseo, protesi vascolari, riparazioni cartilaginee, infiltrativo intra-articolare e intra-tendineo (Shetty et al. 2014; Kim, Shetty et al. 2020).
In ortopedia l’utilizzo più frequente dell’atelocollagene riguarda le riparazioni tendinee e cartilaginee, grazie alla sua normale presenza ubiquitaria (Shetty et al. 2014; Kim, Shetty et al. 2020). In particolare, l’atelocollagene più utilizzato è quello derivato da derma suino data l’elevata percentuale di collagene contenuta nei loro tessuti.
L’atelocollagene iniettabile è indicato per il trattamento artroscopico di difetti condrali focali di grado ICRS/Outerbridge III/IV e aventi dimensioni dai 2 agli 8 cm2 e profondità massima di 5 mm (Shetty et al. 2016). Vengono esclusi pazienti con BMI > 30, osteoartrosi superiore al grado II K-L, con mal-allineamenti superiori al 5° ed età superiore ai 65 anni (Shetty et a. 2013; Shetty et al. 2016; Kim, Shetty et al. 2020).
La tecnica è denominata ACIC (Autologous Collagen Induced Chondrogenesis) ed è la tecnica ideata dal Prof. Shetty e dal Dr. Kim per la riparazione di difetti condrali focali con atelocollagene iniettabile e colla di fibrina (Shetty et al. 2013; Shetty et al. 2016; Kim, Shetty et al. 2020).
Riparazione cartilaginea: tecnica ACIC (Shetty-Kim et al. 2013)
La tecnica ACIC prevede due fasi: una acquosa e una gassosa. La prima è la fase acquosa e consiste nella pulizia artroscopica del difetto condrale mediante courettage -fino all’osso subcondrale- e le microperforazioni, mediante microdrilling, con una profondità di circa 6 mm. La seconda fase prevede l’insufflazione nell’articolazione di CO2 (pressione 20 mmHg e flusso 20 L/min) e il successivo riempimento del difetto con l’atelocollagene iniettabile miscelato alla colla di fibrina (Shetty et al. 2013; Stelzeneder et al. 2013; Shetty et al. 2014; Volpi et al. 2014; Shetty et al. 2016; Kim, Shetty et al. 2020). In questa tecnica l’atelocollagene deve essere necessariamente miscelato alla colla di fibrina prima dell’impianto, per garantirne l’adesione e la stabilità, e iniettato in ambiente gassoso.
Una volta estruso l’atelocollagene miscelato alla colla di fibrina forma un gel avente una struttura stabile con funzione di protezione e stimolo delle cellule provenienti dal midollo osseo (Shetty et al. 2013; Shetty et al. 2016; Kim, Shetty et al. 2020).
Possono essere trattate con questa tecnica lesioni condrali di varie zone: condili femorali, rotula, troclea e domo astragalico (Shetty et al. 2013; Stelzeneder et al. 2013; Shetty et al. 2014; Volpi et al. 2014; Shetty et al. 2016; Kim, Shetty et al. 2020).
Il protocollo post-operatorio prevede la riabilitazione con movimento passivo continuo (CPM) inizialmente con arto in scarico completo, mentre nelle 6 settimane successive il carico diventa sfiorante con ausilio di stampelle e viene aumentato gradualmente (Stelzeneder et al. 2013; Kim, Shetty et al. 2020). Per i pazienti sottoposti a riparazione cartilaginea rotulea e della troclea l’articolazione viene protetta con una ginocchiera bloccata a 0–20° di movimento, gradualmente aumentata a 90° per 6 settimane (Stelzeneder et al. 2013; Kim, Shetty et al. 2020).
Riparazione tendinea della cuffia dei rotatori
La scelta del trattamento, chirurgico o conservativo, nella rottura della cuffia dei rotatori dipende dall’estensione della lesione: se è inferiore al 50% dello spessore del tendine si preferisce solitamente il trattamento conservativo (Kim, Kim et al. 2020). Tuttavia, la gran parte dei trattamenti conservativi, mira solamente ad alleviare la sintomatologia dolorosa, trascurando la stimolazione tendinea all’auto-riparazione (Kim, Kim et al. 2020). L’infiltrazione intra-tendinea di atelocollagene, al contrario, permette di arrestare il progredire della lesione e di riparare le lesioni parziali (Kim, Kim et al. 2020).
Nello studio di Kim, Kim et al. (2020), le infiltrazioni intra-tendinee di atelocollagene sono state eseguite mediante eco-guida, direttamente nel sito di rottura del tendine sovraspinato, attraversando con l’ago il deltoide e lo spazio subacromiale. Il paziente è stato posizionato seduto con l’arto da trattare intrarotato e il più possibile esteso, con la mano interessata fissata alla natica omolaterale (Kim, Kim et al. 2020).
Il programma riabilitativo prevede esercizi di stretching e di resistenza progressivi per incrementare stabilità, elasticità e forza, da eseguire a casa (Kim, Kim et al. 2020).
Infiltrazione intra-articolare di atelocollagene
La degradazione del collagene nella patologia artrosica, soprattutto a carico dell’articolazione del ginocchio, è la principale causa di dolore e perdita di funzionalità articolare (Lee et al. 2019).
Mediante infiltrazione intra-articolare con atelocollagene si può migliorare la funzionalità articolare e diminuire la sintomatologia dolorosa, con un follow-up di 6 mesi, grazie alla struttura a tripla elica del collagene, che ha un’emivita maggiore rispetto a corticosteroidi e acido ialuronico (Lee et al. 2019).
I RISULTATI
Le evidenze maggiori si hanno nell’uso dell’atelocollagene con la tecnica ACIC per la riparazione artroscopica di lesioni cartilaginee focali relative a condili femorali, troclea, rotula e astragalo, con follow-up a lungo termine, fino a 6 anni (Stelzeneder et al. 2013; Volpi et al. 2014; Shetty et al. 2016; Kim, Shetty et al. 2020).
Kim, Shetty et al. (2020) evidenziano come il significativo miglioramento del punteggio funzionale (IKDC, Lysholm e KOOS) ad un follow-up di 2 anni venga mantenuto anche ad un follow-up di 6 anni, dimostrando la stabilità della riparazione cartilaginea con atelocollagene di tipo I.
La valutazione delle caratteristiche del tessuto cartilagineo di riparazione ottenuto è stata effettuata mediante MRI imaging, utilizzando il punteggio MOCART (Magnetic Resonance Observation of Cartilage Repair Tissue), il T2* mapping e il d-GEMRIC index. I punteggi ottenuti da Stelzeneder et al. (2013) e da Kim, Shetty et al. (2020) indicano che il tessuto di riparazione ha struttura collagenica e proprietà molto simili alla cartilagine ialina nativa. Inoltre, le lesioni femoro-rotulee presentano lo stesso punteggio MOCART e gli stessi outcome clinici delle lesioni cartilaginee sui condili (Stelzeneder et al. 2013; Kim, Shetty et al. 2020).
Volpi et al. (2014) riportano degli ottimi risultati per quanto riguarda il riempimento dei difetti cartilaginei di astragalo e la formazione di tessuto di riparazione con ottime proprietà strutturali ed elastiche ad un follow-up di 2 anni.
ACIC è una tecnica sicura, veloce, priva di criticità e facilita le riparazioni cartilaginee artroscopiche in distretti normalmente difficili da trattare (Volpi et al. 2014; Kim, Shetty et al. 2020).
Nelle lesioni tendinee della cuffia dei rotatori l’infiltrazione eco-guidata intra-tendinea di atelocollagene di tipo I è un’opzione di trattamento valida per evitare la progressione della rottura e portare ad una diminuzione dell’entità della lesione. Infatti, ad un follow-up di 1 anno i punteggi degli outcome funzionali indicano un miglioramento significativo e una riduzione del tessuto cicatriziale (Kim, Kim et al. 2020).
Microperforazioni VS ACIC
Kim, Chun et al. (2020) attestano che ad un follow-up di 2 anni si ottengono migliori risultati in termini di riempimento del difetto e qualità del tessuto cartilagineo di riparazione quando alle microperforazioni si abbina la copertura del difetto condrale con atelocollagene, rispetto alla sola effettuazione delle microperforazioni.
Il solo utilizzo di microperforazioni promuove la formazione di un tessuto di riparazione fibroso e non omogeneo, privo della normale struttura tridimensionale, stabilità e delle proprietà elastiche della cartilagine nativa (Shetty et al. 2014).
L’atelocollagene, mantiene nel sito di lesione le cellule midollari del paziente e le guida, grazie alla struttura collagenica a tripla elica conservata, nella rigenerazione di una cartilagine articolare strutturata ed elastica, simile a quella nativa per tipologia di collagene, contenuto di proteoglicani, contenuto d’acqua e architettura tridimensionale (Stelzeneder et a. 2013; Shetty et al. 2014).
CARTIREGEN KIT: ATELOCOLLAGENE INIETTABILE
CartiRegen è un kit appositamente studiato per il trattamento con atelocollagene di tipo I iniettabile di lesioni tissutali focali mediante tecnica artroscopica ACIC.
CartiRegen è un assemblato contenente: una siringa da 1 ml precaricata con atelocollagene di tipo I al 3% (Coltrix) iniettabile, altamente purificato, ottenuto da derma porcino; due siringhe; due aghi corti; un ago di Tuohy; un connettore. CartiRegen contiene tutto il materiale necessario per agevolare la miscelazione dell’atelocollagene con la colla di fibrina e facilitarne l’innesto nella lesione mediante la tecnica ACIC (Shetty-Kim et al. 2013).
È stato utilizzato da Shetty et al. (2016) nel trattamento di lesioni condrali focali su condili, troclea e rotula, con ottimi risultati a 4 anni per quanto riguarda il riempimento del difetto, la stabilità dell’innesto, la sua integrazione e il suo rimodellamento in tessuto cartilagineo con proprietà simili alla cartilagine ialina. Questo con conseguente miglioramento della sintomatologia dolorosa dei pazienti trattati e dei punteggi di valutazione della funzionalità articolare.
CONCLUSIONI
La tecnica artroscopica ACIC, per il trattamento di difetti condrali focali, è una procedura one-step, veloce, sicura, mininvasiva e permette un recupero funzionale migliore e più rapido rispetto alle tecniche two-stage o in chirurgia aperta (Kim, Shetty et al. 2020). Inoltre, la possibilità di iniettare l’atelocollagene direttamente nel difetto condrale facilita il raggiungimento di lesioni normalmente trattate in chirurgia aperta, come il domo astragalico e la rotula.
I migliori risultati si ottengono quando i pazienti hanno età inferiore a 65 anni, un Body Mass Index (BMI) < 30 e quando le lesioni sono di natura condrale al di sotto degli 8 cm2 e 5 mm di profondità (Shetty et a. 2013; Shetty et al. 2016; Kim, Shetty et al. 2020).
Le valutazioni post-operatorie effettuate con MRI imaging (punteggio MOCART, T2* mapping, d-GEMRIC index) evidenziano, con un follow-up fino a 6 anni, la completa copertura del difetto condrale, la stabilità del tessuto di riparazione, un’ottima struttura tridimensionale del collagene e una buona qualità della cartilagine formatasi, molto simile per proprietà al tessuto cartilagineo nativo, pur non replicandolo (Stelzeneder et al. 2013; Shetty et al. 2014; Shetty et al. 2016; Kim, Shetty et al. 2020).
Dati i buoni risultati ottenuti anche nell’infiltrazione intra-articolare, per il trattamento dell’osteoartrosi di ginocchio, e nell’infiltrazione intra-tendinea per il trattamento di lesioni parziali dei tendini della cuffia dei rotatori, l’utilizzo di atelocollagene iniettabile è da preferirsi rispetto alle sole microperforazioni e all’uso di corticosteroidi, nel caso di lesioni condrali e rispetto alla sola sutura o fisioterapia, nel caso di lesioni tendineo-legamentose.
Redazione scientifica: Dott.ssa Carlotta Boschian, Dott.ssa Giulia Dinelli
BIBLIOGRAFIA
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